Resoconto di venerdì 13 maggio

Venerdì, penultimo giorno. Altri film, poi ancora film, e domani… il vincitore. Ma non è il futuro che ci interessa, ora. Pensiamo invece a ripercorrere la terza giornata del Fedic, nei suoi momenti salienti.

Al mattino, tornano la vetrina Fedic e lo spazio “Splendidi Cinquantenni”, che questa volta ha proposto quattro nuovi titoli (Stetoscopio di Adriano Asti e Carlo Giovannoni, Il moscone di Gigi Volpati, Il carabiniere di Mario Ancona e Ruggero D’Adamo” e Il calabrese di Gandiolo e Moreschi), sempre del 1961. Purtroppo, l’affluenza del mattino non è stata altissima, e per vedere qualche testa in più spuntare dalla poltroncine bisognerà aspettare almeno il pomeriggio.

Al solito, alle quindici, si apre la seconda parte della giornata cinematografica, con i film in gara per il Premio Marzocco. Posto in apertura, c’è il lungometraggio I giorni della vendemmia di Marco Righi, la cui vicenda si svolge in Emilia Romagna negli anni ottanta (precisamente nel 1984, anno della morte di Berlinguer, avvenimento centrale nei “giorni…”) e vede coinvolti principalmente un ragazzo adolescente e una ragazza in età da laurea. Le osservazioni da fare su questo film sarebbero moltissime. Dunque, mi limito a dire che l’ho apprezzato, in particolar modo per l’omaggio a Pier Vittorio Tondelli e per l’atmosfera di nostalgia per un’Italia che ormai ci sta alle spalle che si respira durante la visione. Enfatizzato, in alcuni momenti, il contrasto tra la figura del padre comunista e quella della madre cattolica.

Arrivano i documentari ed il primo riguarda la Lega Nord, partito che a quanto pare riscuote sempre parecchi consensi e sul quale è sempre lecito interrogarsi. E Giussano – Instant North Blues di Stefano Migliore, Enrico Masi e Stefano Croci lo fa, intervistando vari giovani militanti del Carroccio, che espongono le loro idee politiche e manifestano un grande attaccamento al loro territorio e alle loro tradizioni, cosa che è comunque alla base di un partito come la Lega. Lo sguardo del documentario non è critico, ma oggettivo, fa parlare i militanti lasciando che lo spettatore sia informato, libero di dare un suo parere.

Di documentari come Le regine di Austis di Franco Fais ne abbiamo visti altri in questi giorni: c’è solo un regista e una telecamera, non c’è nessuna voce a spiegare quello che vediamo. E in questo caso, sono le donne sarde, che parlano (sottotitolate, ovvio) nel loro dialetto mentre lavorano la farina e fanno pane, focacce di vari tipi e forme che ai nostri occhi appaiono come piccole opere d’arte.

Protagonista della Valle del ghiaccio di Marco Della Fonte, è uno scultore che, dal suo studio nell’Appennino, ci parla dei “ghiacciaioli”, persone che di mestiere producevano ghiaccio naturale. E non si limita solo a questo, ma anche a delineare un ritratto della figura della donna all’interno di quella piccola società.

Fluxus di Paolo Fantini, documentario dalla durata di un minuto, mi ha lasciato un po’ perplesso: vari fotogrammi di scale mobili in movimento. E poi è già finito.

Passiamo ora ai cortometraggi. PickuP dei ManyHands (autori vari, si presuppone) è girato in un ottimo bianco e nero, e mette in scena diversi bizzarri personaggi che con un furgone un po’ scassato devono raggiungere un matrimonio. La vicenda si condisce di dialoghi ed uscite paradossali, che un po’ fanno il verso a Tarantino. In particolar modo nell’incipit, il corto pare proprio citare (o imitare) Kill Bill.

Assai interessante Insula di Eric Alexander, che vede la partecipazione di due attrici molto note: Francesca Inaudi e Ambra Angiolini. Una ragazza diabetica va a rilassarsi in una casa che sta proprio su un’isoletta, e al momento che arriva sul luogo, la corrente salta, e non  trova più il cibo che ha portato con sé. Ha una crisi ipoglicemica. La suspense comincia a farsi elevata quando chiama la sua dottoressa che, dall’altro capo del telefono, cerca in tutti i modi di aiutarla e di farle arrivare un’ambulanza in loco. Quando la poveretta sembra spacciata, trova però il contatore e riesce a riattivare la luce. Poi, sviene per terra, lì fuori dalla casa, ma trova un grappolo d’uva che subito si appresta a mangiare e che la rimette in sesto. Una ventina di minuti di tensione, con eccellenti interpreti e un’ottima regia.

La radio, sulla frequenza 108.1, dice che un assassino è in giro per la città e ha giù ucciso una famiglia. È ciò che sentono due uomini, seduti nella stessa auto: il conducente ha appena caricato un autostoppista. Sarà lui il criminale? 108.1 Fm Rock Radio di Angelo e Giuseppe Capasso parla proprio di questo, con una serie di effetti sorpresa che non rivelo a chi volesse vedere il corto, al quale si possono concedere tranquillamente quindici minuti del nostro tempo.

Sala d’attesa di Igor Biddau affronta un tema non da poco: l’eutanasia. Ma quella la vediamo solo sul finire. Nel film, quasi tutto in bianco e nero, troviamo un padre con un figlio a letto, in stato vegetativo. L’uomo si fa consegnare un macchinario che gli consente di collegarsi alla mente del figlio, per poterlo riabbracciare come un tempo, in una realtà virtuale. Finita la breve esperienza col miracoloso congegno, il padre ha in mano una siringa. Probabilmente quella che porrà fine alla vita del figlio. Non c’è retorica in questo film, e il dolore traspare tutto, in maniera per niente forzata.

Tre fogli di Giorgio Sabbatini ci mostra un uomo (in quella che potremmo chiamare una semisoggettiva) intento nella ricerca di un suo scritto (tre fogli, appunto). Riesce a ritrovarli. Li legge. Mentre lo fa, varie immagini e ricordi ci passano davanti. Scopriamo che i pensieri di quel signore sono dedicati al figlio, che proprio alla fine della lettura suona alla porta e così si conclude il film.

Uniti contro l’ego di Alessandro Po è una divertente trasposizione in chiave Lego – stop motion sul tema dell’immigrazione e soprattutto dell’integrazione. Buffo notare che per realizzare i ragazzi di colore, il regista abbia usato le versioni Lego dei giocatori dell’NBA.

Finite (per ora) le proiezioni, giunge il momento dell’incontro con alcuni degli Autori presenti lì al Cinema Teatro Masaccio.

Lo spazio “Non è un paese per lavoratori” è stato dedicato a RCL – Ridotte Capacità Lavorative, diretto da Massimiliano Carboni. La vicenda è di quelle più recenti e discusse: Pomigliano. Non penso sia necessario esporre la vicenda, ma credo sia opportuno dire che il film riesce a farci vedere, mescolando fiction e documentario, chi paga veramente questo cambiamento, che distrugge anni e anni di lotte sindacali. Il tutto, è giostrato dal bravissimo comico Paolo Rossi, che gira per la città per parlare, chiedere, informarsi sulla vicenda. E farci un po’ sorridere, in mezzo a tanto sconforto.

Arrivano poi la sera ed il buio, assieme al momento che in molti (me compreso) aspettavano. C’è Giuliano Montaldo, un Maestro indiscusso del cinema italiano, venuto a San Giovanni per ritirare il Premio Marzocco. Non so voi, ma io ritengo, tanto per tirare in ballo due film, Sacco e Vanzetti un eccezionale documento, nonché una fantastica pellicola con un immenso Volonté, e Il giocattolo un film assolutamente geniale, uno dei migliori film italiani di sempre, con Nino Manfredi al suo massimo.

Prima dell’assegnazione sono intervenuti Francesco Calogero e l’Assessore alla cultura Barbara Fabbri. La parola è andata poi a Montaldo:  mentre parlava il clima s’è fatto cordiale, simpatico. Il regista ha ricordato i suoi film storici, contento del fatto che vengano trasmessi in tv alle due di notte, così da non essere spezzati dai «quattro piani di morbidezza» della pubblicità. E qui, l’inevitabile, ma non banale, frecciatina al Presidente del Consiglio, un ometto che «ha capito che la televisione è più importante del cinema». Ha poi scavato di nuovo nei ricordi, tornando addirittura al ‘54 al suo lavoro di attore in Cronache di poveri amanti di Lizzani. Poi, Ernesto G. Laura, Presidente di giuria, è intervenuto per rimarcare le grandi qualità di Montaldo, in particolar modo la sua grande umanità e comprensività sul set e la sua bravura nel dirigere attori navigati e di alta levatura artistica.

Per la proiezione in sala, è stato scelto un film della sua recente produzione, I demoni di San Pietroburgo, dove Dostoevskij, attanagliato da creditori e continuamente sollecitato dall’editore, è alle prese con la stesura del “Giocatore”, aiutato dalla giovane dattilografa Anna. Nel frattempo, alcuni ragazzi, ispirati da idee anarchiche, che lo stesso scrittore aveva prima appoggiato e ora  (non del tutto) rinnegato, vogliono compiere un attentato e lo scrittore cerca di dissuaderli dal compierlo. Pur credendo ancora, almeno in parte, a quegli ideali, Dostoevskij tenta di far capire ai ragazzi che non ne vale la pena. L’avevo già visto al cinema qualche anno fa, ma è valsa la pena rivederlo.

Un’altra giornata si è dunque conclusa, e oggi si riparte con la giornata finale, con gli ultimi film in vetrina e quelli in gara. Chi saranno i vincitori??

A domani, con l’ultimo resoconto.

a cura di Marco Renzi

 

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